Francesca Woodman
Dunque le cose stanno così. Savina Dolores Massa, scrittrice raffinata e brillante, riceve la proposta di partecipazione ad una rassegna letteraria dal titolo “Sfogliare con classe” da tale signor Massimetti che, in qualità di organizzatore, le domanda di presentare il suo romanzo nelle scuole superiori della provincia di Olbia. Il tutto dovrebbe svolgersi il 14 aprile ad Arzachena. Locandina pronta e accordi presi. Peccato che l’assessore alla cultura della provincia di Olbia, Giovanni Pileri, decida di escludere all’ultimo momento Savina perché ritiene il suo romanzo Mia figlia follia “pericoloso”; dice il Pileri che ci sarebbe un passaggio che racconta di un “incontro carnale omosessuale” piuttosto disdicevole per le giovani menti dei ragazzi.
*
Ho incontrato l’autrice e le ho rivolto un paio di domande.
AP: Quale potrebbe essere il passaggio pericoloso di Mia figlia follia a cui si riferisce l’assessore? Ce lo potresti riportare?
SDM: Lo studente pensò, in questa precisa successione: al perduto pomeriggio al mare, alla ragazza che in spiaggia gli aveva sorriso un paio di volte e al giornaletto porno già sfogliato da molti rimasto ad attenderlo a casa. Il professore aveva chiuso le finestre, lo stantio del suo alito divorò in poco tempo l’intera aria della stanza. I mobili arcigni agonizzavano rimpiangendo il loro perduto odor di legno. Mimnermo sospirò sul tavolo per gli occhi del ragazzo e odiò la voce melensa di Rocco delle Spezie che gli interpretava male la disillusione messa in versi. Il professore si liberò della giacca, sulla camicia il sudore si era trattenuto nelle ascelle fermentando acqua di colonia e lo sbaglio di essersi portato la tentazione in casa. Lo studente lo fissava ignorante di greco e di compassione. Pareva che il caldo attaccasse solo la vecchiaia, in salotto, il professore chiese, Gradiresti un bicchiere d’acqua. Più tardi, rispose l’altro. Rocco delle Spezie proseguì con la lezione, la testa nostalgica all’odore di nafta del porto, all’umido salato delle banchine certe sere, alle sagome degli uomini (come scegliere chi non l’avrebbe picchiato subito, ma dopo, almeno dopo), gli angoli per pisciare, gli angoli per scopare. Angoli retti, angoli acuti, subita postura geometrica, e schianti a spalancargli la scelta d’essere cagna accanto al mare. A volte in ginocchio come un mendicante a mano tremula, insicura, toccava soltanto dure sfere superbamente esposte e la linea di infiniti punti. L’assaggiare. I calci, poi, per ricordare la differenza tra chi era rimasto in piedi per denaro e per sfiatare e chi in basso aveva goduto nel suo ruolo d’animale. Tentò, Rocco delle Spezie, professore di greco in pensione, di allontanare dalla mente ogni cattivo pensiero, Aiutami mio Dio, sentendo la propria lingua ingrassare nell’assenza di saliva, Cosa può mai succedermi che sia peggio di quelle volte, la sete lo stordiva, Mi posso controllare, i piedi spaventati sotto il tavolo si cercarono le punte l’una con l’altra, Ma che reputazione, ormai, cerco di salvare. In strada una donna rise forte, una tortora si spostò da ramo a ramo, lo studente socchiuse gli occhi, si sarebbe dovuto accendere la luce, silenzio in un salotto non avvezzo alle visite, le mani di Rocco delle Spezie strinsero Mimnermo, poi la penna, poi il polso del ragazzo. Si trovarono con sguardi non somiglianti in alcuna tonalità di colore, Andiamo in cucina a bere l’acqua, disse il professore. Mentre andavano l’altezza del professore si curvò di età aggiunte, quella del ragazzo intatta tremò appena. In cucina Rocco delle Spezie udì distinta la sirena di una nave che partiva nella notte, dove il rubinetto del lavello gocciolava ne intravide le luci. L’acqua la bevvero entrambi guardandola nel bicchiere. Quel bere avrebbe potuto cambiare l’andare delle cose nell’interruzione che portava freschezza al corpo e alle idee; invece nulla spense nello studente strafottente ma non stupido che in successione pensò: mi farà promuovere senza sforzi, non lo rivedrò mai più da oggi, non lo racconterà a nessuno. Per il professore, l’acqua spense solo i dubbi per un ultimo peccato di vecchiaia; una specie di vanità impegnata a vedersi in qualche modo l’esistenza messa in moto con l’idea perfettamente asciutta: Io, avrò lui. Ma questo non lo avrebbe detto in confessione l’indomani, là il potere non sempre è perdonato volentieri. Il professore compose le proprie labbra come immaginava facessero le donne innamorate, lo studente pensò alla ragazza della spiaggia e gli mostrò con rabbia i genitali. Sul tavolo della cucina lo penetrò sibilando, Porco. L’uomo rantolò, Non hai diversa sorte, e si preparò a parare i colpi, che giunsero con l’illusione che scomparisse qualunque tanfo di vergogna, errore, sangue, sperma. L’odio del ragazzo colpì a lungo la riconoscenza di Rocco delle Spezie che guardò furbescamente l’odio e disse con il volto sciolto sopra il tavolo, Ti occorrono molte lezioni per superare l’esame. La carne possiede una tenerezza, in fondo, difficile da comprendere fino a quando non la si penetra con una lama di coltello dimenticato accanto a una buccia gialla di mela. I sorpresi intestini di Rocco delle Spezie squittirono, il sangue, l’uomo osservò, era rosso come quello di uno che poteva ancora campare a lungo. Ciò che comprese essere l’ultima penetrazione per il suo corpo gli provocò un orgasmo blando privo di meriti degni di essere ricordati. Non si rammaricò eccessivamente per la sua morte accaduta per passione, né per i confessionali che lasciava, nei quali il profumo del mare lo portava lui soltanto. Lo studente afferrò il bicchiere dal quale aveva bevuto, in salotto prese il suo quaderno, con loro lasciò la casa. Continua a leggere →