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Fuoco centrale e altre poesie per il teatro, Jack Spencer, Mariangela Gualtieri, Monologo del Non so
Io non so se questa mia vita sta spianata su un
buco vuoto. Non so se il silenzio che indago
é intrecciato alla mia sostanza molle.
Io non so se quello che cerco e ho cercato e
cercherò, non so se quello che cerco
é un insulto a quel vuoto.
Non so se questo fatto di non avere
un paio d’ali sia premio o castigo,
io non so se la polveriera
della mia inquietudine sia un trono
su cui mi siedo minacciato, se la fuga che
a scatti regolari mi pungola, se quel
puerile sogno di fuga sia uno sgambetto
d’angelo, d’un buffone d’angelo che
mi vuole inciampare.
Io non so se l’amore sia una guerra o una
tregua, non so se l’abbandono d’amore
sia una legge che la vita cuce fino al
ricamo finale. Io non so
che farmene di questi nemici che premono,
non so che farmene oggi di questo oggi
e me lo ciondolo fra le dita perplesse,
non so parlare di quello che
è sentito nel profondo me, non so parlarlo
quell’essere che é qui presente fra le vite degli
altri.
Io non so spiegarmi l’imperturbabilità
di Dio, e non mi spiego di non udire il
suo grave lamento, il suo urlo di collera o
d’amore, e non so vederlo che sono in cecità
ma vorrei sentirlo almeno piangere come piango io
guardando le facce indolorate, guardando le
facce con grave malattia terrestre,
io non so invocarlo né bestemmiarlo che
è troppo nella sottrazione e troppo
astratto per i miei chili umani.
Io non so forse non voglio
consegnarmi negli uffici del mondo,
e stare buono nelle sale d’aspetto della
vita. Io non so nient’altro
che la vita e molte nuvole intorno che
me la confondono me la confondono e non
so cosa aspetto, cosa sto aspettando in questo
sporgermi al tempo che viene. Io non so
e vorrei, vorrei, non so stare
fuori misura, fuori misura umana,
fuori da questa taglia finita.
Io non so perché guardando l’acqua del mare
mi salta in petto una gioia di figlio con la
madre. Non so se questa uscita mia in un secolo
a caso, se questo essere qui a casaccio,
io non so spiegarmi questa malattia
all’attacco del mondo, non so guarire
questa malattia che indolora e vorrei
sistemare ogni cosa, in un sogno puerile di
tregua, in un’arcadia anche retorica,
in un dormire abbracciato dei
guerrieri che si innamorano.
Io non ho capito e dovrei,
non ho capito il mondo della
vita, io non ho capito la legge sottostante
e non ho da fare la consegna a
questi cuccioli che aspettano, che esigono
da me l’aver capito.
Io non so la canzone
che spensiera e non so soccorrervi
non so pur volendolo
con quella forza di cagna
che dà il latte, non so soccorrervi nel vostro
sbando, io non so farvi da balsamo
io non so mettervi nel coraggio essenziale,
nello slancio, nel palpito.
Il mio Graal l’ho ritrovato e perso cento
volte.
[…]
Io non so se la bellezza è questa accademia di
centimetri, se la bellezza, la bellezza è questa
carnevalesca decadenza di saltimbanchi,
io non mi spiego la crocifissione
della grazia, e non mi spiego perchè
mi trovo in questo covo rivoltato
in questa fossa con gli orchi attuali
in questo lato barbarico della specie,
e non so perchè stando a occidente non si
ode quell’alleluia delle cose.
Io non so se in questa schiena
senza ali ci son grandi pianure da cui fare
il decollo, se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni
per la manovra di decollo, se sono io la freccia
di questo arco della schiena, se sono io
arco e freccia, non so in quale mano
non mano o zampa di Dio mi stanno
torchiando, e sottoponendo al duro
allenamento dei dolori terrestri.
Io non so se la solitudine, se quello
strazio chiamato solitudine, se quell’andare
via dei corpi cari, se quel restare soli
dei vivi, io non so se quel lamento della
solitudine, se quel portarci via le facce
se quel loro sparire
di facce che avevamo dentro il respiro, non so
se il dono sia questo portarci via le
carezze, questa slacciatura.
E’ poco il poco che so e di questo
poco io chiedo perdono. Io chiedo
perdono per quello che so, perdono io chiedo
per tutto quello che so.
( Mariangela Gualtieri – tratto da Parsifal, in Fuoco centrale e altre poesie per il teatro)
*
foto di Jack Spencer
Complimenti: le tue immagini poetiche mi si aprono allo sguardo.
Sono tangibili e concrete, queste immagini.
Non sembrano nemmeno poesia, sembrano Vita.
Pingback: Ciò che non muta « currenti calamo
Bellissimo monologo, Femminile (con la F maiuscola)
ci ricorda la nostra fragilità, ma soprattutto la nostra potenza…
“Io non so se in questa schiena
senza ali ci son grandi pianure da cui fare
il decollo, se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni
per la manovra di decollo, se sono io la freccia
di questo arco della schiena, se sono io
arco e freccia, non so in quale mano
non mano o zampa di Dio mi stanno
torchiando, e sottoponendo al duro
allenamento dei dolori terrestri.”
questo pezzo mi piace particolarmente…
grazie e benvenuta Meera 🙂
La Gualtieri è una voce poetica di alta bellezza e sì lei canta, eccome. Un abbraccio
Grazie mille per il benvenuta, ma forse è meglio dire bentornata! leggevo il tuo blog con la mia vecchia “identità” notebianche sul cannocchiale.
un abbraccio!!! :))
Notebianche che bello! Sono contenta di averti ritrovata cara 🙂
Un grande abbraccio
una voce profonda che leggerò ancora nell’ultima raccolta “Bestia di gioia”
grazie per la proposta poetica e visiva
un caro saluto
Elina
voce profondissima Elina sì.
Grazie ti abbraccio 🙂
Ho comprato “Bestia di gioia” appena è uscito in libreria e ne ho subito scritto in un post su VDBD.
Poetessa meravigliosa.
Sara Ferraglia
grazie Sara, hai ragione: meravigliosa…ho commentato lì 🙂 Un bacio. Alessandra*
per D.
io non so perchè questa poesia, questa coscienza che si spacca come un frutto maturo al sole mi ricorda così da vicino la tenera e adorabile franny di quel meraviglioso libro che è ‘franny e zooey’
io non so perchè questo parole diventano un mantra, una preghiera da ripetere all’infinito fino a diventare corazza contro il mondo, le persone, le emozioni, i sentimenti, le gioie e le delusioni
io non so qual è il dolore che hai dentro per ripetere e vivere questa preghiera
io non so se riuscirò a vivere tutto questo da solo, io non lo so
Monologo in sottotono,senza telazione con altro da sè, che viene dall’io che si interroga sul caso, in cui la sorpresa delle domande non fatte,inquietanti s imescola all’incomprensibile necessità del vivere, perchè è dato, è così. E’ l’inquietudine,la non risposta che genera un mondo no man’s land, una voce monotonica che afferra alla gola, dà percezioni tra veglia e sonno, appena al di là del silenzio,dove si smarriscono le facce i cari corpi, e non resta che chiedere perdono per quel poco che sappiamo..Resto stupita,sospesa nello spazio tra parola e silenzio.
ho scoperto questo blog seguendo i fili tesi della rete…
lascio il mio saluto qui, su questo post dedicato ad una poetessa che amo profondamente e che ho avuto l’onore di conoscere giovedì scorso a Roma, ascoltando i suoi versi così magistralmente da lei “cantati”
Tornerò
Mariangela Gualtieri è il più grande poeta che io conosca. Ma penso: quando perdi o anche solo temi di perdere chi ami, “l’alleluia delle cose” s’ammutolisce, e non c’è “allenamento dei dolori terrestri” che tenga. C’è invece un improvviso scarto, un guizzo di qualche muscolo o nervo o viscere, e non c’è verso che lo sappia dire per come è. La poesia viene subito dopo, magari, ed è giusto che sia così. La poesia di Mariangela Gualtieri conserva per me traccia di quel guizzo indicibile, e per questo mi è cara. Non so neppure io quanto.
LA più grande poeta
Capovolgo l’ipotetico, ma compiaciuto,in fondo ‘io so, ma non ho le prove…’ di Pasolini e poi di Saviano di fronte ai fatti solo della storia, per dire, dal di dentro del. me, secondo la grande intuizione capovolta di Gloliarda, chiedo scusa di quello che so, perchè non so giungere alla meta,e non mi basta. Forse non ce la farò in tempo
L’ha ribloggato su danaideartville.