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Blu (Jesi)

Fedele all’ingordigia, al cattivo gusto e alla mancanza di misura. Fedele alla tracotanza, alla superbia telepolitica e alla supponenza. Se c’è una cosa che l’ordine dei francescani dovrebbe avere interiorizzato è proprio l’osservanza dell’opposto di tutto ciò. Chi ne fa parte, di quell’ordine, e che giurava fino a poco tempo fa di voler fare solo ritorno alle mansioni che esso prevede, non può certo perseguire la scelta di accettare un posto da assessore. Soprattutto se viene proposto nella città dove si è stati appena prosciolti dall’accusa di violenza sessuale e privata – con una sentenza resa nota di recente – ai danni di una donna, una suora. Tania. Fino a pochi mesi fa Fedele Bisceglia, francescano al centro di queste accuse pesantissime, aveva una condanna a 9 anni e rotti. Lo scandalo di violenza sessuale che lo aveva travolto, soprattutto perché dettagliato da intercettazioni che dipingevano una condotta piuttosto discussa, oltre ad aver scatenato le ire di quante si erano da subito e giustamente affiancate in solidarietà a suor Tania, avevano restituito l’immagine di un uomo piuttosto imbarazzante. Il soggetto principale, tuttavia, era ed è una donna che ne ha raccontato i dettagli. Se c’è una legge degli uomini (è proprio il caso di sottolinearlo) e una divina a cui un frate dovrebbe perlomeno fare finta di appellarsi nella sua scala di priorità, la scelta da parte di Mario Occhiuto – sindaco di centrodestra di Cosenza che, nomen omen, “vede tutto” e “ha molti occhi” – avrebbe dovuto ricevere un secco No, grazie. Ma evidentemente anche il sindaco ha occhi direzionati alla dismisura e alla improntitudine di questa che è una pessima pensata, da qualsiasi parte la si voglia commentare. Soprattutto nella scelta della delega assessoriale che, si legge, è al “contrasto alle povertà, al disagio, alla miseria umana e materiale, al pregiudizio razziale e religioso, alla discriminazione sociale; ambasciatore degli invisibili e degli ultimi”. E sottolineo miseria umana, invisibili e ultimi, quelli cioè che in teoria hanno ricevuto offese e che non si sono potuti difendere. Immagino che in questa categoria il sindaco non abbia figurato di chiedere il parere di suor Tania né di consultare le donne del centro antiviolenza “Roberta Lanzino” di Cosenza che solo qualche giorno fa hanno diffuso un comunicato per dirsi sgomente della sentenza di assoluzione visto che si erano anche costituite parte civile al processo. Peccato, sarebbe stato tanto di guadagnato. In quella categoria sicuramente Occhiuto ha pensato di premiare con un posto d’onore il suo Fedele, anche qui nomen omen, e quanti come lui credono che il perdono possa barattarsi con un po’ di notorietà a spallate mediatiche e non con il raccoglimento che una vicenda simile prevede. Eventualmente. In questo inquietante scenario che si svolge a Cosenza, la domanda che sovviene è se Bisceglia abbia per un attimo considerato il proprio consenso al ruolo istituzionale come un atto di tracotanza che esula dal ruolo religioso che egli stesso ricopre, per non dire dietro cui si nasconde. E se abbia anche riletto alcuni degli orientamenti sanciti dal nome di cui si fregia il suo ordine: Francesco, un tizio che aveva deciso di farsi diseredato per stare tra gli ultimi della terra e che oltre alla povertà predicava l’umiltà e riusciva a darsi pace. Avrà considerato Fedele Bisceglia che chi tutto vede non è il suo occhiuto sindaco che gli stringe la mano da una pagina facebook per congratularsi ma un’entità soprasensibile che almeno per lui dovrebbe assumere un significato preciso e non un nome qualsiasi dietro cui nascondere le proprie terrene pudènda?

[alessandra pigliaru]

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