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Seppure Narciso sia invecchiato, come avevo scritto nella prima parte di questa riflessione, non sembra se ne possa intravedere la fine. Il peso della senilità così come l’ombra dell’inadeguatezza restano fuori dalla rappresentazione. Consultando la fenomenologia del narcisismo contemporaneo dovremmo forse fare ricorso all’esperienza che segna il nostro tempo. Non c’è rintocco infatti che preveda la distinzione tra l’Altro e lo Stesso. È un’unione indifferenziata da cui non pare possibile liberarsi. Così sono da leggersi alcuni accadimenti che marcano la contemporaneità, quella che Agamben segnalava come lo splendore delle stelle circondate da una fitta tenebra. Ecco, lo slittamento tra lo splendore – che seppure visibile si allontana da noi – e il buio che ne ammanta il perimetro affinché non sia tutto indistinto, corrisponde alla relazione con il tempo: per dirsi contemporanei in presenza si deve stare fuori dalla sincronicità, da una certa aderenza con il rintocco. Ma allora come è possibile che Narciso sia contemporaneo? Lui che tiene tra le dita una distanza minuscola tra l’Altro e lo Stesso come può dirsi contemporaneo? Appunto per quella distanza, minuscola ma cocciuta, Narciso è contemporaneo. Per completezza attraverso un’analisi che sia prima di tutto fondata sull’esperienza e che consenta di leggere ciò che accade nella sua forma incarnata. Quel Narciso infatti per invecchiare è dovuto cascare ripetute volte nella terra fitta, non lo ha fatto come un qualunque angelo luciferino che è precipitato al suolo, tutt’altro. Non si possono infatti applicare categorie morali quali il bene e il male. Siamo al di là. È la narcosi matura piuttosto che ne ha propagato le intenzioni; che ha stabilito insomma il contagio orizzontale di un certo sguardo narcisistico che vorrebbe ogni ente come un oggetto opaco compatto ma parimenti utilizzabile. Così l’attualità di Narciso sta nel suo sparpagliamento, in quello specchio acquatico che si frange e si ripercuote nel qui e ora in una miriade di piccoli e infiniti ripiegamenti di cui tutt* abbiamo fatto o faremo – presto o tardi – esperienza. In questo senso non sembrerà un affronto riconoscere la pervasiva esistenza di posture narcisistiche; e non risulterà peregrino il posizionamento di Narciso nella contemporaneità giacché è il senso dell’Altro ad aderire allo Stesso. Una straordinaria difesa dell’io che millanta conoscenza di sé e del circostante e che invece ruota intorno al proprio ombelico sperando che chi sta dinanzi lo individui come il centro dell’universo-mondo. Se ciò non trovasse corrispondenza non si creerebbero ostacoli: io/ voi/ loro assumono il carattere di equivalenza. Quella distanza piccola tra l’Altro e lo Stesso è da tenere tuttavia in conto; seppure nell’uso selvaggio spesso mimetizzato da romantiche e civilissime idee, Narciso è infatti l’icona della disintegrazione contemporanea. Confonde lo splendore con se stesso e si insegue perché non ammette la ritrosia del firmamento. Il buio è il tacere che viene ordinato a tutto il resto. In quel resto ci sono cose, donne uomini eccetera. Ma non se ne cruccia a dire il vero, perché è mosso da ideali sempre più grandi che giustificano la cosalità del tutto pretendendo che ci si possa beare placidamente di ogni sua brillante concessione. Perché è assai attuale quel riscontrare nelle esistenze altrui fin troppi dettagli trascurabili. A decidere l’accidentalità infatti è uno solo senza necessità di contraddittorio. Continua a leggere