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Alessandra Pigliaru, Angelus, Ave Mary, Giusy Calia, Il mistero di Maria, Luce Irigaray, Michela Murgia, Sessi e genealogie
È necessario anche, se non vogliamo essere complici dell’uccisione della madre, che affermiamo che esiste una genealogia di donne. C’è una genealogia di donne nella nostra famiglia: abbiamo una madre, una nonna, una bisnonna materne e delle figlie. Di questa genealogia di donne, dato il nostro esilio nella famiglia del padre-marito, tendiamo a dimenticarne la singolarità e perfino a rinnegarla. Cerchiamo di situarci in questa genealogia femminile per conquistare e custodire la nostra identità. Non dimentichiamo nemmeno che abbiamo già una storia, che certe donne, anche se era culturalmente difficile, hanno segnato la storia, e che troppo spesso noi non ne abbiamo conoscenza. (Luce Irigaray, Il corpo a corpo con la madre – 31 maggio 1980)
Nel solco della genealogia femminile si apre Ave Mary, il nuovo libro di Michela Murgia. L’intenzione della scrittura pare essere netta e precisa. Cosi come il fatto di trovarsi dinanzi ad un testo accessibile quanto importante.
È un libro di esperienza, non di sentenza – così avverte Murgia nelle prime pagine.
Quel che restituisce la lettura è un ordito raffinato che proprio in virtù della condivisione, diventa ancora più prezioso. Da subito entriamo in relazione con ricordi di infanzia e avvenimenti personali chiariti con intelligenza e ironia e che servono a chi legge per sentirsi da subito come a casa. Ecco, vedete, questa sono io. Sembra quasi di sentirla soprattutto quando si segue quella bambina che imita con fiducia la propria cugina santa o quando – felice e sollevata – scopre che Dio è donna.
Il saggio, snello ed efficace, racconta di come Maria, la ragazza di Nazareth, liberata dalla cultura patriarcale che la costringe in ciò che non è, possa essere soggetto di una rappresentazione differente; la liberazione è un’operazione complessa – e necessaria – di disseppellimento che Murgia conduce con grazia e sapienza toccando nodi teologici della massima importanza. Si tratta in effetti di grovigli trasformati in dogma che hanno consentito al sistema patriarcale di trovare una letale alleanza nella tradizione cattolica. Ma attenzione: non nella tradizione in linea approssimativa, bensì in ciò che è stato appositamente nascosto e mal tradotto per diventare un sistema di dominio, costellato tutto di condizionamenti ai danni delle donne.
Ecco un esempio emblematico:
Alle donne è stato proposto di saldare il proprio debito assumendosi la responsabilità sulla vita e la morte degli altri, curandosene come vestali. Se la donna è esclusa dalla possibilità di essere soggetto spirituale nella morte, è infatti sempre protagonista del suo contesto. Al capezzale, sulla tomba e sulla pira non solo c’era sempre posto per la donna, ma in un certo senso quello è proprio il suo posto, la condizione indispensabile per la glorificazione della morte maschile (…) L’atto dell’assistere, nel suo doppio significato di prendersi cura e di essere testimone di un evento, diventa per la donna l’unico modo legittimo di continuare a esistere in modo degno. (pp. 48- 49) Continua a leggere